PUNTI DI INTERESSE
Si possono visitare all'interno del Comune di Montebello Jonico diversi siti di interesse storico e culturale tra i quali:
Palazzo Piromallo
Il Palazzo Piromallo, più comunemente indicato come a "Turri", esiste a Fossato da più di due secoli. alla fine del 1700 era un feudo di proprietà dei Conti piromallo Capece Piscicelli dei Duchi di Capracotta (IS) e Baroni di Montebello, fino aal'eversione della feudalità ( 2 agosto 1806). Il più prestigioso Barone montebellese fu il Conte Giacomo Maria piromallo fu Giuseppe, più volte Sindaco di Montebello, fondatore della borgata S. Elia e della Chiesa dedicata alla Modonna di Pompei (1895) di cui detenne il patronato. Il feudo si estendeva per svariati centinaia di ettari con boschi di castagno e vigneti. Per controllare meglio la proprietà i Piromallo fecero costruire la palazzina all'ingresso del paese. Essa veniva per lo più utilizzata come residenza estiva o per pochissimo tempo in cui la famiglia veniva a riscuotere i proventi derivanti dalla vendita dei prodotti agricoli e boschivi. Dopo la caduta del Regno delle Due Sicilie e la nascita del Regno d'Italia la stessa non venne più utilizzata, le visite si fecero molto rare, e a poco a poco si liberarono della proprietà vendendola alle maggiori famiglie benestanti.
I ruderi dell'antico monastero bizantino di San Giovanni
I ruderi della Chiesa di San Giovanni, Ioannes, risalgono all'età bizantina (XII sec.). I ruderi perimetrali dell'antico monastero si trovano nella località che sovrasta la Frazione Mulino, sopra Fossato, fra i torrenti S. Pietro e Racale. Di certo non si sa se il titolare della chiesetta fosse l'Evangelista o il Battista, sicuramente si tratta di un Santo orientale. Chiesa con un'unica navata e unica abside emergente di proporzioni un poco più grandi di quelle consuete. Anche poco abituale lo sviluppo longitudinale della navata. Non ci sono segni né di nicchiette laterali, né di affreschi. Si trovano, invece, sparsi nel terreno, frammenti di tegole e di embrici di colore rossiccio, con le alette ad angolo retto.
I ruderi dell'antico monastero bizantino di Sant'Anastasio
La Chiesa, volgarmente denominata "Santa 'Stasi" da lacuni e "Santu 'Stasi" da altri, deriva dal greco "Anàstasios" santo persiano del VII sec. d.C., era un piccolo luogo di culto d'età bizantina, a navata unica, forse ad uso dei monaci basiliani colà residenti, è sito a mezza costa di un colle denominato Punta d'Argento, e affiora da un terreno agricolo piantumato a uliveto, in prossimità della riva sinistra del torrente S. Pietro, contrada rurale di Montebello. La Chiesetta, poco più grande di un'aula rettangolare, è fatta risalire al IX secolo. I ruderi della Chiesetta di S. Anastasio sono il documento che certifica la data di nascita più antica di Montebello Jonico e dunque, in piena dominazione araba in Sicilia e Bizantina in Calabria e nel mezzogiorno d’Italia. Tale fondamentale prova testimoniale dell’antica esistenza di Montebello è stato dichiarato nel 1996, dal Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali come “Bene di interesse particolarmente importante”.
Quel che resta oggi della chiesetta dedicata a S. Anastasio sono dei ruderi, dove è ancora visibile un affresco del santo (vedi foto), sovrastati da un antico frantoio semidiriccato e immersi nel verde di un folto uliveto privato, sito nella frazione di Fossato, di proprietà della famiglia Crea Antonio, ora di proprietà del Comune, per atto di donazione del titolare del bene immobile, all'Ente pubblico.
Le grotte della Lamia
La grotta della Làmia (dal greco "lamyros",ingordo, oppure"laimos",gola) deve il suo nome a quei colonizzatori greci che la chiamarono "grotta della strega", per la sua conformità particolare, e, nella fantasia degli antichi, inquietante e selvaggio come l'antro abitato da una divinità malefica.
La mitologia racconta, a questo proposito,che Lamia, bellissima fanciulla divenuta amante di Zeus, dovette subire la gelosia di Era, moglie tradita, la quale si vendicò sulla rivale uccidendole i figli,tranne Scilla,che diventò il mostro che presidia lo Stretto con Cariddi. Trasformata un mostro anch'essa, Lamia fu costretta a rifugiarsi in anfratti naturali,e diventò a sua volta assassina di giovani e bambini che attirava nelle grotte succhiando loro il sangue. Da qui il nome "grotta della strega".
Questa grotta è la più grande emergenza ipogea naturale presente nella provincia di Reggio Calabria; essa si trova a 910 metri sul livello del mare, e anticamente si diceva fosse tanto estesa da collegare, per vie sotterranee,la vallata montebellese a quella di Melito Porto Salvo, cittadina sul mar Jonio.
E' una grotta formatasi nel corso dei millenni grazie all'acqua, che, trasportando a valle le sabbie, crea fantasiosi meandri nella tenera arenaria, mentre non riesce ad intaccare le masse rocciose più dure che costituiscono le volte della grotta.
Col tempo, questi meandri sono diventati alte colonne, pilastri e grandi stalattiti, queste ultime rese candide dal carbonato di calcio che lascia sulla roccia una patina bianca e crea un affascinante contrasto con la terra scura depositata al suolo. La grotta si apre in un grande antro iniziale fiocamente illuminato, che immette poi in altri ambienti scuri, non raggiunti dalla luce solare, dove vivono colonie di pipistrelli.
Sulle volte e sulle pareti si osservano raggruppamenti di conchiglie fossili, qui presenti in esemplari eccezionalmente grandi e ben conservati.
Il Monastero di S. Elia e le Rocche di Prastarà
( Veduta in agro di Masella della rupe a picco che per la propria particolarità fu anche location del film "Il Brigante di Tacca del Lupo" di Pietro Germi).
Le origini della cultura basiliana in Calabria sono assai remote e costituiscono allo stesso tempo uno spaccato interessantissimo della vita sociale, culturale ed economica di una regione ancora ''terra'' di conquista. Generalmente si ritiene, secondo quanto affermato da numerosi studi, che gia' a partire dal IV° sec. la regione fu interessata da intense migrazioni monastiche che attraversarono lo Stretto occupando l’estrema fascia meridionale del territorio. Tale fenomeno fu dovuto alle invasioni persiane e arabe avvenute in Oriente. La Calabria quindi risulterà capillarmente interessata da questo fenomeno per un arco temporale considerevolmente lungo compreso tra il IV° e l’ XI° sec. con una cultura sociale e spirituale pienamente bizantina. Ed è proprio nel quadro dei cruenti scontri tra arabi, saraceni e persiani i cui risvolti militari riguardarono in modo considerevole Sicilia e Calabria nel corso del IX° e del X° sec. che si inserisce la figura di S. Elia il Giovane conosciuto anche come S. Elia di Enna.
S. Elia nacque nella città siciliana di Enna, denominata anche dagli arabi Castrogiovanni da una famiglia di nobili origini bizantine. Fin dalla sua giovane età dimostrò di avere il dono di leggere il futuro e si accostò in modo determinante alla vita monastica e ascetica. La sua lunga vita fu caratterizzata da un continuo pellegrinare sia in oriente che in occidente. Noto è il suo lungo viaggio in Africa che lo portò a contatto con la cultura maomettana e i suoi ripetuti viaggi in Grecia dove pare avesse anche acquisito doti taumaturgiche.
Nel corso dei pellegrinaggi che egli compiva sempre accompagnato dal suo discepolo Daniele, autore tra l’altro probabilmente del bios stesso di S. Elia, giunse proprio a Reggio proveniente da un suo viaggio in Oriente dove pare avesse avuto in visione Gesù Cristo che gli avrebbe fatto vedere in sogno un monte in Calabria chiedendogli di fondare in quel luogo un monastero. Elia quindi dopo essere giunto nella città dello Stretto decide di proseguire il suo cammino, sempre accompagnato dal suo fedele discepolo, lungo le coste a sud della città.
La fondazione del monastero da parte di S. Elia in località Prastarà nel comune di Montebello Jonico a circa 20 km a sud di Reggio pare sia avvenuta intorno all’880 circa. Infatti sempre analizzando il bios di S. Elia appare utile, per delimitare lo spazio cronologico-temporale, l’aneddoto del Salterio posseduto dal suo giovane discepolo, al quale viene ordinato da Elia di gettarlo in un luogo acquitrinoso, luogo che ormai viene comunemente individuato da noi storici nel Pantano di Saline Joniche, per poi ritirarlo completamente asciutto a prova dell’ubbidienza dello stesso discepolo. In quel luogo, arrampicato sulle alture che sovrastavano la costa, nel cuore di una spelonca stratificata, è ancora oggi possibile vedere quelli che sono i resti, costituiti da piccoli brani murari a secco, di quel che è stato un luogo carico di tanta ricchezza spirituale e che in un tempo, ormai lontano, attirò a se tanta gente che abitava i territori vicini, da Reggio a Lazzaro a Melito a S. Laurentium.
In quel monastero S. Elia divenne medico delle anime, profeta e taumaturgo, manteneva un comportamento affabile, accessibile, umile e si intratteneva nella conversazione accogliendo presso di se numerose anime smarrite dalla vita. Il monastero di Prastarà divenne quindi in breve tempo il fulcro della vita sociale e spirituale di tutte quelle contrade vicine passando da un modello rituale di tipo eremitico e lauritico ad un modello di tipo cenobitico.
Accanto, con ogni probabilità, sorsero, come è tipico per tutti i monasteri italo-greci presenti sul nostro territorio, tanti altri piccoli villaggi denominati Choria i cui abitanti erano quasi ed esclusivamente cittadini che si occupavano di coltivare le terre intorno al monastero sotto l’abile guida dei monaci divenuti preparati ed esperti agricoltori. S. Elia dopo aver fondato e guidato questo monastero per qualche tempo intraprese un nuovo viaggio giungendo in Grecia e al ritorno, sempre il bios, ci dice che si recò a Roma e successivamente, al suo ritorno, avvenuto nel 902, fondò il monastero di Aulinas su un pianoro vicino Palmi identificato oggi con il monte S. Elia in suo onore. In questo monastero ricevette l’invito da parte dell’imperatore d’Oriente Leone VI° di recarsi a Costantinopoli.
Morì proprio durante questo suo ultimo viaggio in Oriente nella città di Tessalonica il 17 agosto del 903 dopo aver consegnato una lettera scritta di suo pugno e nelle piene facoltà mentali al suo discepolo Daniele dove lo invitava a traslare le sue spoglie mortali nel monastero di Aulinas. Le sue spoglie furono subito portate nel tempio di S. Giorgio a Tessalonica e dieci mesi dopo, su ordine dell’imperatore furono trasportate a Costantinopoli e imbarcate sotto la guida di un nobile cavaliere di origini calabresi di nome Giorgio alla volta del monastero di Aulinas presso Palmi.
(Autore dell'articolo Dott. Saverio Verduci).
Fonte:
Libro “Grecità di Montebello Jonico” dello storico Luigi Sclapari
sito:www.costaviolaonline.it
sito:www.fossatoionico.it